SULLE ORME DI PASOLINI, PINNA E BRESSON
Via Casilina Vecchia da Ponte Casilino – Lungo i fornici dell’Acquedotto Felice – Vicolo del Mandrione – Via del Mandrione – Stazione Casilina – Ponte della Certosa – Porta Furba
Questa non è una passeggiata come le altre. Non ci sono monumenti famosi né scenari che appaghino gli occhi. Nulla di tutto questo ma…chi ha voglia di conoscere un po’ più a fondo la storia di una parte di Roma che può ritenersi rappresentativa anche di altre e che vuole approfondirne anche l’aspetto sociale, non può far altro che prendere il coraggio a due mani e ripercorrere questi pochi chilometri a piedi sulle orme di un grande regista/scrittore come Pier Paolo Pasolini, o su quelle di due tra i più grandi fotografi di reportage di sempre: Cartier Bresson e Francesco Pinna.
La zona è quella del Mandrione, una stretta striscia che ripercorre per un tratto il percorso della Via Casilina Vecchia e della ferrovia Roma-Cassino-Napoli scorrendo lungo i fornici dell’antico Acquedotto Felice. E’ compresa fra le due direttrici di due vie trafficatissime: la Via Casilina e Via Tuscolana. Il suo nome deriva quasi certamente per il passaggio che avveniva delle mandrie di mucche e pecore che qui venivano a pascolare quando queste zone erano solo prati. Ci troviamo infatti appena al di fuori delle Mura Aureliane da cui partivano e partono ancor oggi, la Via Casilina e la Via Prenestina da una delle porte più monumentali: Porta Maggiore, il punto più alto della Roma antica e per questo punto di raccolta di molti acquedotti che qui arrivano. Dopo il devastante bombardamento del 1943 del quartiere San Lorenzo e dello scalo ferroviario con esso confinante, gli sfollati di quella zona, lasciati soli e senza alcuna risorsa, si spostarono non lontano dal proprio quartiere e si sistemarono proprio a ridosso e sotto gli archi dell’Acquedotto Felice per vari motivi, alcuni dei quali sono da ricercare nella potabilità ancora garantita dell’acqua dell’Acquedotto, dal poco calore che i suoi archi riuscivano a restituire la notte dopo essere stati riscaldati dal sole durante il giorno, quando c’era, e dalla possibilità di sfruttare i fornici addossando loro baracche o tappandone una delle uscite per formare delle camere precarie. Mancanza completa di ogni tipo di servizio igienico, di allacci per la luce, ne facevano una zona di estrema povertà ed emarginazione. Negli anni ’50, ci fu un ricambio di popolazione poiché agli sfollati di San Lorenzo, si sostituì una popolazione ancor più degradata, fatta di nomadi e prostitute. In questo periodo il Mandrione fu meta di visite da parte di Pier Paolo Pasolini che traeva spunti per i suoi film e qui girò alcune scene dei suoi film.
La svolta, per questo angolo dimenticato di Roma, avviene a partire dalla seconda metà degli anni ’70 quando questa realtà sale all’attenzione delle autorità capitoline grazie al progetto di riqualificazione di Linda Fusco. Questa psicologa ebbe il grande merito di studiare a fondo le cause e le eventuali soluzioni al problema degli abitanti della zona, riuscendo a far assegnare loro delle case popolari nella zona sud di Roma nella borgata Spinaceto. Da quel momento le baracche furono abbattute e al loro posto sorsero soprattutto microaziende artigiane che sono ancora vive o aziende meccaniche e commerciali.
Non dobbiamo assolutamente dimenticare che a dare l’avvio all’interesse di Linda Fusco e di conseguenza delle autorità, ci sono sia le fotografie del grande fotografo Henri-Cartier Bresson ma soprattutto della grande inchiesta iniziata nel 1956, da un grande antropologo: Franco Cagnetta corredata dalle stupende e struggenti foto di un nostro grande fotografo Franco Pinna. Le sue foto sono ancora ed a ragione, considerate tra le migliori, più importanti foto di tutto il panorama neorealista che si affianca al cinema e alla poesia del periodo che molto ha dato alla cultura del nostro Paese.
Dopo questa forse lunga ma doverosa premessa per inquadrare questa insolita passeggiata che vi propongo, iniziamo il nostro itinerario da Ponte Casilino. Costeggiamolo sulla sua destra dove si apre un lungo e stretto largo. Siamo all’inizio di Via Casilina Vecchia, al di là della strada c’è il primo tratto della nuova Casilina che se percorso ci porterebbe in breve a Porta Maggiore.
Alla nostra sinistra il ricovero ostello della Caritas “Santa Giacinta” mentre alla nostra destra, tra le case, si intravedono già gli archi dell’Acquedotto Felice che ci accompagneranno per tutto il tragitto
Ad un tratto il largo si restringe dando inizio alla vera e propria Via Casilina Vecchia che si annuncia con una costruzione che ricorda più una baracca ma che ha il merito di farci entrare fin da subito nel clima e nell’atmosfera del luogo.
Bastano poche decine di metri per incontrare l’antica porta dove per convenzione inizia il Mandrione vero e proprio.
Da qui ci troveremo a passare e ripassare su ponticelli che scavalcano la ferrovia ma che sono serviti nei decenni che si sono succeduti, a far sì che questa strada riuscisse a costeggiare sempre l’acquedotto.
Sotto di essi la ferrovia cui abbiamo accennato e che diverrà visibile solo dopo qualche chilometro
Camminando per questa antichissima strada, si resta colpiti dal silenzio e dalla solitudine che ci circonda soprattutto in questo primo tratto, sono rarissime le auto e le ancor più rare le persone che si possono incontrare a piedi. Questo si scontra con il caos perenne che le turbina intorno sia a destra con la Via Tuscolana, che a sinistra con la Via Casilina. Questo aspetto ha un suo vantaggio perché di giorno ci permette una camminata in tutta tranquillità ma allo stesso tempo rende questa strada impraticabile di sera e soprattutto di notte per la salvaguardia dell’incolumità personale. Continuiamo a percorrerla quindi con rispetto e curiosità, trovandoci in un’atmosfera che scopre aspetti e soprattutto luoghi così lontani e diversi da quanto il turista si immagina di trovare a Roma ma Roma è anche questo e anzi Roma è vissuta soprattutto nelle sue periferie e questa è quella che conserva forse ancora l’aspetto di una periferia che ha voluto fortemente riscattarsi dal degrado anche se l’impresa è riuscita solo in modo parziale. Passiamo quindi una prima volta sotto i fornici del grande acquedotto
Da dove possiamo iniziare a vedere le prime costruzioni che sorsero negli anni ’70.
Costeggiando la ferrovia che ci scorre sulla destra e con gli archi dell’Acquedotto Felice sulla sinistra, ci incamminiamo tra storia e presente in una commistione di stili ed epoche che si accavallano. Arrivati a ridosso delle abitazioni, un altro piccolo ponte ci riporta a ridosso delle arcate
Da questo momento diventa un susseguirsi di piccole aziende artigiane e di officine meccaniche, di abitazioni e aziende commerciali che si susseguono una dopo l’altra con costruzioni basse e perfettamente inserite nella scenografia del luogo
Si è creato un piccolo quartiere che fa storia a sé stante e che sembra fermo al periodo in cui è stato letteralmente inventato dalla già citata Linda Fusco.
Le attività sono per la maggior parte concentrate sotto gli archi mentre davanti a loro troviamo case basse, ben tenute, con giardini privati e spazi comuni
L’immancabile fontanella, il “nasone” per i romani, è lì che sembra invitarvi a dissetarvi dopo la camminata
Dandovi modo di gettare un’occhiata nei giardini comuni che sembrano nati da un miracolo e dalla volontà di far diventare vivibile una zona davvero problematica
Se avrete fortuna, in uno di questi giardini comuni, potrete trovare personaggi pittoreschi e particolari come Claudio (nome di fantasia), che sarà lieto di intrattenervi con una delle poesie per cui in questa zona è diventato famoso…
…vi racconterà di quando era giovane e del cambiamento intervenuto negli anni, una fonte inesauribile di aneddoti.
Siamo così arrivati, quasi senza rendercene conto, alla fine della via Casilina Vecchia che, con una curva ad angolo retto termina con il vicolo del Mandrione che ripassando sotto gli archi si va a ricongiungere con la Nuova Casilina
A noi però ci interessa continuare lungo questa stretta striscia di città e come ci ha anticipato il nome del vicolo, imbocchiamo sulla destra la Via del Mandrione, strada che ha dato il nome alla zona.
E’ qui che entriamo davvero in contatto con una realtà che ci riporta indietro di decine di anni, fino a quelle baracche fatiscenti che non esistono più ma che hanno lasciato segni tangibili lungo le arcate dell’acquedotto che proprio qui si abbassano fino a toccare quasi terra.
In una di queste, un artista ha voluto lasciare un’opera che ricordi il passato di degrado e sfruttamento che qui si perpetrava.
Mentre in altre sono ancora perfettamente visibili le camere e i tuguri che qui furono creati pur di poter trovare un qualsiasi riparo
Ed è proprio qui che troviamo anche le tracce lasciate dal grande regista Pier Paolo Pasolini che girò e ambientò in questo luogo uno dei sui film più famosi “Accattone” che descriveva dettagliatamente il modo di vivere e sbarcare il lunario del periodo descritto e in certe realtà come questa.
Si susseguono le tracce che lo portarono ad essere conosciuto dal grande pubblico cinematografico e non solo.
Un arco che è divenuto una porta, ci condurrebbe sulla vicina Via Tuscolana, noi invece continuiamo su Via del Mandrione costeggiando dapprima uno degli ingressi di una delle sedi della Banca d’Italia
Da questo punto siamo stretti tra il muro di cinta della Banca d’Italia e quello che protegge la ferrovia.
Fino a giungere ad uno slargo in cui un tempo era presente la stazione ferroviaria Roma Casilina, una delle fermate del treno regionale per Cassino.
Una curiosità che vi voglio rivelare è che io sono nato proprio nelle vicinanze e che da bambino percorrevo questa strada almeno due volte a settimana per andare all’oratorio per giocare a calcio con gli amici. Fin da allora e sono passati oltre cinquant’anni, davanti a questa stazioncina era presente una roulotte in cui una prostituta svolgeva ancora il suo triste mestiere. La roulotte è ancora lì, abbandonata per fortuna…
…ma continuiamo ancora il nostro percorso, poco dopo ecco un piccolo e angusto sottovia che serve a sottopassare la ferrovia, per poter avere accesso al quartiere di Torpignattara, zona chiamata Certosa per via di una Certosa che proprio poco oltre il sottovia aveva sede nei pressi della Via Casilina. Ovviamente sono particolarmente emozionato a ripercorrere questi luoghi e soprattutto sapendo che passando lì sotto, tornerei proprio lì dove sono nato e dove di tanto in tanto ritorno senza mai abituarmi all’emozione che questo mi provoca.
Ricacciata in gola l’emozione, riprendiamo la nostra strada.
Per qualche centinaio di metri ancora, forse un chilometro, costeggiamo il muro della ferrovia mentre dal lato opposto, oltre i prati di proprietà della Banca d’Italia, si scorgono ancora gli archi dell’Acquedotto Felice.
Poco oltre una deviazione in discesa che ci porterebbe sulla Via Torpignattara che noi invece scavalcheremo con un breve ponte per continuare il nostro percorso
E’ proprio da questo punto dell’ultimo tratto di Via del Mandrione, che ritroviamo gli archi che hanno contenuto baracche e rifugi di fortuna per tanta povera gente e troviamo anche un’altra particolarità: almeno tre deviazioni dell’Acquedotto Felice, atte a distribuire le acque potabili provenienti dalle sorgenti dei Monti Albani.
Queste deviazioni furono di particolare importanza perché è grazie ad esse che si portava acqua sia per l’irrigazione dei campi, che in questa zona erano particolarmente diffusi, sia per portare acqua alle case coloniche che erano molto diffuse nella campagna romana e che abbiamo già incontrato nella passeggiata nella Valle della Caffarella.
In questo tratto è inoltre possibile vedere esattamente come e dove scorreva l’acqua. Il condotto infatti attraverso discese e risalite, controllate esattamente nelle pendenze, erano in grado di trasportare acqua per decine di chilometri.
Siamo arrivati alla fine del nostro percorso e alla fine di Via del Mandrione. L’ultimo arco ci permette di affacciarci su Via Tuscolana. Qui l’acquedotto
Felice si appoggia a quello dell’Acqua Marcia e si incrocia con l’Acquedotto Claudio. Questo ci fa comprendere quindi, come questo sia stato luogo di grande importanza perché qui si incrociano vari acquedotti tutti importantissimi e che testimoniano a quale punto di perfezione fossero arrivati i costruttori romani nella realizzazione di strutture così complesse.
Tutto questo complesso di acquedotti e gli archi che li costituiscono e sotto cui passa la Via Tuscolana, ha preso il nome di Porta Furba. La porta fu realizzata nella seconda metà del sedicesimo secolo da Sisto V e alle spalle di questo, lungo l’acquedotto Claudio, troviamo la Fontana di Clemente XII
Una splendida fontana di Travertino voluta, come dice il nome, da Clemente XII proprio in occasione del restauro dell’Acquedotto Felice nel 1733.
Con questo terminiamo la nostra passeggiata un po’ particolare, priva forse delle attrattive tipiche di una città votata al turismo come Roma ma la sua storia millenaria è fatta anche di questi aspetti e secondo me è bene che vengano conosciuti per entrare più a fondo nel grande fascino di questa città unica anche per questo.