L'OTTAVO COLLE (IL GIANICOLO)

ITINERARIO

Via Garibaldi – Via San Pietro in Montorio – Basilica di san Pietro in Montorio – Accademia di Spagna e Tempietto del Bramante – Mausoleo e ossario di Goffredo Mameli – La Fontana dell'Acqua Paola – Villa Savorelli-Aurelia – Museo della Repubblica Romana – Facciata della Casa di Michelangelo – Statua di Ciceruacchio – Statua a Richetto e “Sgrullarella” - Passeggiata e mezzi busti dei protagonisti della battaglia per Roma del 1849 – Piazza Garibaldi e statua equestre del Condottiero – Cannone di mezzogiorno – Loggia della Costituzione – Cippo dei siciliani morti per Roma e la Sicilia . Monumento equestre ad Anita Garibaldi – Faro degli Italiani d'Argentina – La quercia del Tasso – Scalinata di san Filippo Neri – Ospedale Bambino Gesù – Sant'Onofrio al Gianicolo

 La passeggiata di oggi ci porterà a scoprire quello che molti romani, me compreso, chiamiamo: l'ottavo colle. Il Gianicolo infatti, potrebbe essere considerato a tutti gli effetti, alla stregua degli altri sette e più famosi colli su cui è cresciuta la città eterna. Geograficamente è situato al di là del Tevere e fa parte del più ampio Rione di Trastevere. Fu conquistato da Re Anco Marcio e fu usato come punto di osservazione per la sicurezza della città fin dalla sua conquista. Sulla sua vetta era posta una bandiera che segnalava che tutto era tranquillo alla città sottostante. Essendo posto al di là del Ponte Sublicio, era considerato una delle porte da cui Roma arcaica guardava verso nord e da questo probabilmente deriva il suo nome: Gianicolo; dal Dio Giano che in latino è Ianus = porta, essendo il Dio Giano un dio bifronte che guardava con una faccia al passato e con l'altra verso il futuro.

Ha fatto parte integrante della storia della città per molti secoli, fino a consacrarsi come il luogo più importante della resistenza che il popolo romano oppose alle truppe francesi nel 1849 e di cui parleremo in seguito.            

Cominciamo ora la nostra passeggiata iniziando la salita da Viale Trastevere che lo costeggia.

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   Percorrendo Via Garibaldi, troviamo poco dopo, alla nostra destra, una scalinata. Su questa sono state inserite delle nicchie ove troviamo le stazioni delle Via Crucis

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    Alla fine della salita ci troviamo sul piazzale antistante la chiesa di San Pietro in Montorio. Il nome Montorio deriva dalla contrazione di Monte d'Oro, per via della sabbia di quel colore che, trasportata dal vento, si depositava sulle sue pendici

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   Questo è un complesso di cui fa parte, oltre la chiesa, anche e soprattutto l'Accademia di Spagna. Per concessione dell'Ambasciata dello Stato spagnolo, quest’ultima è aperta al pubblico e vi possiamo trovare molte opere importanti, tra queste certamente la più importante è il Tempietto del Bramante che da solo vale una visita. Costruito tra il 1502 e il 1505, è in stile dorico e divenne subito uno dei monumenti più celebri dell’epoca. Citato dai più famosi architetti del momento.

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   Usciti dal complesso troviamo subito testimonianza di quanto successo proprio qui nel 1849. Incastonata in una lapide di marmo, fissata alle spalle della chiesa, c’è una palla di cannone dell’artiglieria francese sparata proprio sulla chiesa durante i combattimenti che qui si svolsero in difesa della Repubblica Romana e che fu restaurata in seguito da Carlo Maderno.

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Lasciato l’importante complesso, fatti pochi passi, eccoci al cospetto di un mausoleo- ossario delle vittime delle battaglie combattute dal 1849 e fino al 1870 per la libertà di Roma e che la porterà ad essere capitale del Regno d’Italia.

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Lo stile richiama subito il periodo in cui fu costruito. Il neoclassico tipico del ventennio fascista. Al suo centro trova posto la tomba di Goffredo Mameli. Il giovane patriota, autore del nostro inno nazionale, morì di cancrena in seguito alle ferite, nell’ospedale dei poveri ai piedi del Gianicolo e subito al di là del Tevere e Ponte Sisto, a soli 21 anni.

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Da notare, le quattro colonne poste sui quattro angoli, che ricordano le date più salienti di questo percorso storico.

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   Continuiamo la nostra passeggiata, percorrendo per breve tratto la salita che ci porta nella caratteristica quanto famosa piazza circolare

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antistante all’altrettanto famosa Fontana dell’Acqua Paola, meglio conosciuta a Roma come “er fontanone”.

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   Questa splendida fontana, fu fatta costruire tra il 1610 e il 1612, per volontà di papa Paolo V Borghese e altro non è che la mostra finale dell’antico acquedotto voluto da Traiano nel 109 d.C. per approvvigionare di acqua il Tran Tiberis (Trastevere) sottostante, con l’acqua proveniente dal lago di Bracciano dopo un percorso di circa 57 Km. In origine, data la conformazione fisica del colle che scendeva quasi a picco, la grande vasca semicircolare non esisteva come non esisteva la piazza antistante, l’acqua era raccolta da cinque piccole vasche e scendeva a mo’ di cascata. Bisogna attendere il 1690 perché il pontefice Alessandro VIII, rafforzasse i contrafforti del colle avendo così la possibilità di costruire l’attuale vasca e l’attuale piazzale. Ad Innocenzo XII nel 1698, si deve invece la costruzione delle colonnine unite da sbarre di ferro che impedirono da allora, ai molti carrettieri di abbeverare i cavalli nella fontana.

   Costeggiamo a destra la fontana e proseguiamo in salita verso la vetta del colle. Sulla nostra destra incontriamo un muro di una villa molto importante nella storia recente di Roma: Villa Aurelia o Villa Savorelli

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   Questo fu il luogo infatti, che sostenne per primo il cannoneggiamento dell’artiglieria francese intervenuta, per preparare l’attacco delle truppe di terra che avrebbero riconsegnato Roma al potere temporale del papa. L’esercito francese infatti, rinnegando i principi che avevano qualche decennio prima portato il suo popolo a instaurare la Repubblica Francese, sbarcò a Civitavecchia, porto a circa 50 Km. a nord di Roma e si diresse subito verso la città eterna iniziando le ostilità già nella giornata del 30 aprile del 1949. L’attacco fu una prima volta respinto con gravi perdite ma ottenuti i rinforzi, il 3 giugno attaccò di nuovo con forze soverchianti proprio qui, a Villa Savorelli. Dopo una battaglia che si protrasse per tutto il mese, i francesi ebbero ragione delle minori forze opposte dalla Repubblica Romana e dopo un bombardamento terrificante che distrusse quasi completamente sia la Villa sia le postazioni, attaccarono all’arma bianca perché i pochi artiglieri rimasti preferirono morire combattendo vicino ai loro pezzi piuttosto che arrendersi.

   Al termine del muro e della salita, eccoci nella piazza ove troviamo Porta San Pancrazio, una delle porte più importanti delle mura Aureliane e che oggi è sede del Museo garibaldino e della Repubblica Romana.

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   Proprio a fianco di questa, si apre l’attuale passaggio nelle mura che dà accesso alla passeggiata e ai giardini del Gianicolo.

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   La prima cosa degna di nota appena varcata, è la facciata di questa casa che oggi è un centro dell’azienda per le acque di Roma ma che un tempo fu invece la facciata della casa di Michelangelo che si trovava sulla cordonata del Campidoglio. Fu smontata e rimontata qui pezzo a pezzo.

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   Poche decine di metri ed eccoci subito al cospetto di uno dei personaggi più popolari ed amati dai romani, cantato da stornelli e ricordato in molti film: Angelo Brunetti detto Ciceruacchio. Il soprannome deriva dalla storpiatura del soprannome che aveva da bambino “ciruacchiotto” che in romanesco significa “grassottello”. Dopo aver combattuto sulle barricate, alla caduta di Roma, fuggì al seguito di Garibaldi per raggiungere Venezia che ancora resisteva agli austriaci, catturato, venne fucilato alla foce del Po con il figlio piccolo che lo accompagnava.

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   Continuiamo lungo il bel viale fino a raggiungere dei giardini che si stendono sulla nostra destra. Un po’ defilata, su un vialetto, un’altra statua che è testimone di quanto successe in quei mesi di resistenza. La statua a “Richetto e sgrullarella”. Richetto era uno dei tanti ragazzini trasteverini che in quei giorni parteciparono attivamente alla battaglia. Loro compito era quello di spengere, con uno panno bagnato, le micce delle granate inesplose. Purtroppo una di queste esplose prima che il giovane riuscisse a spegnere la miccia restando così ucciso con il suo fedele amico sgrullarella, che lo seguiva sempre. Per i non romani, sgrullarella è il soprannome dato al cane perché aveva l’abitudine, comune a molti cani, di sgrullarsi in continuazione.

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  I giardini qui sono ampi e ben curati, il traffico veicolare è possibile ma solo su un’unica strada e quindi si può passeggiare in tranquillità e godendo della bellezza del luogo. I vialetti che si incrociano sono costellati dalle statue dei garibaldini che presero parte alla battaglia per Roma. Tra i tanti si possono trovare anche nomi molto conosciuti come Luciano Manara, Lamarmora, il prete rivoluzionario: Ugo Bassi e molti altri

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Ogni tanto si apre uno squarcio fra la vegetazione del sottostante giardino botanico che ci preannuncia le splendide viste sulla città di cui tra poco potremo godere

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Tutto questo è propedeutico e ci avverte che stiamo per arrivare nel Piazzale Giuseppe Garibaldi. Dove troneggia imponente la statua equestre all’eroe dei due mondi.

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   Fu posta qui il 20 settembre del 1895 in occasione del venticinquennale della breccia di Porta Pia. Alla sua base due gruppi che raffigurano, il primo Luciano Manara all’assalto con i bersaglieri mentre l’altro ricorda lo sbarco dei garibaldini a Calatafimi. Sugli altri due fianchi L’Europa e l’America. I continenti dove lui combattè per le libertà di tutti i popoli.

   Chi viene in questi luoghi non può e forse non riesce a non essere avvolto dall’atmosfera che qui si respira e che riporta lo spirito a tempi in cui si combatteva per l’unità d’Italia e per Roma capitale.

   Affacciamoci quindi dalla terrazza da questo che è il punto più alto del colle e che ha in serbo una sorpresa. Sotto il piazzale infatti, ha trovato posto un grande ambiente in cui viene conservato un cannone che annuncia alla città il mezzogiorno sparando una salva. Quello attuale non è il cannone originale, che risaliva alla battaglia di Roma ma è un pezzo austriaco risalente alla prima guerra mondiale.

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Al pubblico, sempre numeroso, è consentito assistere allo sparo.

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    Subito dopo il Piazzale dedicato a Giuseppe Garibaldi, inizia una leggera discesa che dopo breve tratto, ci porta nel giardino che si affaccia con un terrazzo molto particolare. Il parapetto infatti, è intarsiato con tutta la Costituzione della Repubblica Romana che fu promulgata il 3 luglio del 1849 nonostante già dal 30 giugno la città fosse capitolata alle truppe francesi.

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   Se vi soffermerete a leggere, potrete notare subito le enormi similitudini con la nostra attuale Costituzione. Oltre che per questa incredibile e forse unica particolarità, da qui si gode della vista tra le più belle sulla città.

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   Le sorprese certamente non finiscono qui. Ce n’è un’altra, nota a molti e celebrata in molti dei film del periodo neorealista. Da qui infatti, si affacciavano le mogli dei detenuti del sottostante carcere di Regina Coeli, per comunicare con loro, urlando o cantando, le novità successe in casa.

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   Lasciamo quindi con un po’ di dispiacere la vista della città e questa particolare loggia, e attraversata la strada ci troviamo al cospetto di un piccolo cippo che commemora i caduti siciliani che si batterono con Garibaldi, prima per la libertà dell’isola e poi, al seguito del condottiero, per la libertà di Roma

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   Ma la visita del Gianicolo è un susseguirsi di scoperte emozionanti che toccano le nostre corde più profonde. Eccoci infatti al cospetto della tomba di Anita Garibaldi.

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   La tomba è posta sotto il gruppo equestre bronzeo posto su un piedistallo di marmo.

   Vale davvero la pena di soffermarsi qualche minuto in più per godere della vista degli splendidi bassorilievi che ne circondano la base e che raccontano in modo splendido le gesta di questa eroina al seguito e al fianco del celebre marito…

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   Fino alla sua tragica morte nella pineta di Ravenna durante la fuga da Roma verso Venezia

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Per questo Roma ne richiese le spoglie mortali che furono concesse e che ora riposano qui.

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   Da qui il nostro sguardo è attratto da un faro, Cosa ci faccia un faro quassù è presto spiegato. Fu donato dagli emigrati in Argentina perché con la sua

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luce, indicasse la capitale della Patria lontana.

Anche qui c’è un’altra loggia aperta sulla città e da cui la vista spazia e riempie gli occhi

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   Qui i giardini hanno una interruzione, ma non si interrompono certamente le sorprese che si susseguono ininterrottamente su questo colle. Proprio qui, all’inizio di una scalinata che scende verso il basso, troviamo quel che resta di un albero bruciacchiato e sorretto da un’impalcatura di ferro. Sotto questo albero era solito venire a meditare Torquato Tasso allorquando fu chiamato a Roma per ricevere l’alloro di Poeta. Purtroppo nell’attesa, lunga e inconcludente, sopraggiunse la sua morte privandolo di questa grande soddisfazione.

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   Una targa lì vicino, ricorda tutto questo e altro ancora. Nei pressi di ciò che resta di questo albero infatti, vi è un luogo in cui si aggirava un personaggio molto conosciuto a Roma e non solo. Pur essendo un prete in un periodo in cui i preti facevano altro oltre che distribuire cresime e comunioni, lui si era dedicato al recupero dei ragazzi di strada. Allora, esattamente come oggi, certi preti erano scomodi ma c’erano e ci sono per fortuna e Filippo Neri, questo il suo nome, era uno di quelli che aveva creato un’istituzione che ancora resiste, l’Oratorio. Un luogo in cui ci si potesse ritrovare, parlare, imparare a leggere e scrivere e soprattutto, cosa molto interessante per i ragazzi: mangiare!

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   Su questi scalini, nelle belle giornate di primavera ed estate, lui faceva sedere i “suoi” ragazzi per impartire loro lezioni di vita, prima ancora che di grammatica. Era solito insegnare loro il libero arbitrio e le conseguenze che questo poteva avere sul loro futuro. Per questo era solito ripetere spesso: “State buoni, buoni se potete. Perché se non potete…beh, io non ci posso fare niente”.

   Lasciati questi luoghi, in cui sembra ancora di risentire il vociare dei ragazzi e vedere il poeta riflettere sulla sua vita, scendiamo per una stretta scalinata fino a raggiungere un altro lungo giardino che si affaccia, anche questo, su Rona regalando ancora viste belle e romantiche.

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   Al di là della strada che scende verso il Rione di Trastevere cui il Gianicolo appartiene, almeno amministrativamente, troviamo l’Ospedale Bambino Gesù. Famoso in tutta Italia e nel mondo per essere un’eccellenza per la cura dei bambini.

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  Siamo giunti quasi al termine di questa intensa passeggiata fra storia e bellezza. Ci resta però un altro sito, non meno bello, non meno storico e certamente non meno importante di quelli visti finora. Il complesso di S. Onofrio al Gianicolo

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   Questo complesso nacque come eremo nei primi del 1400 per poi subire varie ristrutturazioni. Venne costruita l’odierna chiesa e il chiostro. Ma andiamo con ordine.

    Saliamo la breve scalinata,

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Ci troviamo nel giardino antistante il complesso

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Alle nostre spalle i portici che chiudono il giardino su due lati e dove è l’ingresso della chiesa, che fu realizzata a partire dal 1446.

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I portici sono affrescati con lunette.

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Sotto i portici inoltre, troviamo la porta d’ingresso alla chiesa e la tomba di Sant’Onofrio

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L’interno della chiesa è a navata unica con due cappelle per lato.

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Certamente però l’attrazione maggiore è costituita dalla tomba di Torquato Tasso che qui vi morì alla fine del 1595

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Questa presenza costituirà per molti secoli a venire, la molla per una visita a questo complesso da parte di poeti e letterati che vennero per rendergli omaggio sulla tomba.

   Usciti dalla chiesa, troviamo una porta con un passaggio affrescato

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  Questo ci introduce in uno dei chiostri più caratteristici e meno conosciuti di Roma.

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  Importante soprattutto perché affrescato con lunette che raccontano la storia di Sant’Onofrio e realizzate dal Cavalier d’Arpino

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Lasciamo quindi il complesso e ci avviamo alla fine della nostra passeggiata scendendo verso il lungotevere con la scalinata di Sant’Onofrio da cui, oltre alla comodità di farci arrivare in breve in piano, ci offre anche una vista interessante sulle montagne lontane del reatino

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Ed eccoci giunti alla fine di questa lunga e spero gradita passeggiata che ci ha visti conoscere uno dei colli più belli e meno conosciuti di Roma: Il Gianicolo.