PARCO DELLA CAFFARELLA
La Valle della Caffarella è parte del più vasto Parco dell'Appia Antica ed è forse una delle zone da questo ricomprese, meno conosciute anche se raccoglie testimonianze concrete e visibili di un raro fenomeno nell’evoluzione dell’ambiente, quello conosciuto come “antropizzazione dolce” che, partendo da tempi antichissimi arriva fino ai nostri giorni. Con antropizzazione dolce, intendo dire che con il passare dei secoli, l'impatto dell'uomo sull'ambiente di questa valle, si è mantenuto nello spirito della convivenza, senza incidere in modo particolare sugli equilibri ma sfruttando in modo consapevole le grandi potenzialità che la regione offriva.
Percorrendo e godendo dei suoi paesaggi infatti, sembra incredibile che uno dei suoi lati sia posto a poche centinaia di metri, costeggiandola, a una delle direttrici più trafficate di Roma, la Via Appia.
E' una valle alluvionale formata dal fiume Almone e dal reticolo dei suoi piccoli affluenti ed è racchiusa tra due delle più importanti strade dell'antichità: la Via Appia Antica e la Via Latina.
Da sempre a vocazione agricolo pastorale, non cambiò la sua destinazione neanche dopo la caduta dell'Impero Romano, venne anzi divisa in appezzamenti con casali e mulini. Dobbiamo arrivare al 1500 perchè i Caffarelli, nobile famiglia, riuscissero a riunirla in un unico latifondo. Passò quindi nelle mani dei Pallavicini e poi in quelle dei Torlonia che mantennero inalterate le caratteristiche della Valle. E' solo dopo la seconda guerra mondiale che la Valle corre i suoi rischi maggiori. Inizia a subire la stessa sorte di tutto il percorso dell'Appia Antica: la lottizzazione selvaggia. Solo la lotta dei comitati dei cittadini, con in testa quell'Antonio Cederna di cui vi ho già fatto cenno, permise di salvare quasi tutto il territorio e farlo inglobare nel nascente Parco dell'Appia Antica.
Le Vie di accesso sono numerose, io per la nostra passeggiata ho scelto quella di Via dell'Almone in modo da percorrere la Valle in tutta la sua lunghezza. Questo ingresso, è posto proprio al di là della strada che lo divide dalla fonte dell'Acqua Egeria, l’acqua santa dei romani ed è facilmente raggiungibile con un bus che ha una fermata proprio davanti all'accesso. Nonostante questo, non è facilmente distinguibile per lo stato di semi abbandono in cui questo ingresso è incredibilmente lasciato. Entrati e fatti pochi passi però,
siamo come avvolti da un'atmosfera che ci porta indietro nel tempo. Arbusti e felci che sembrano lì da sempre.
La strada sterrata ci porta su un ponticello che supera il piccolo ma perenne fiume Almone.
Seguiamo la strada fino alla vista di un colombario…
E’ il Colombario di Costantino, o perlomeno così fu chiamato. Si tratta infatti di un grossolano errore di attribuzione, questo colombario risale al II secolo mentre Costantino divenne imperatore solo nel IV.
Dopo questo primo incontro, la nostra attenzione viene attratta da una torre isolata. Si tratta della Torre Valca. Gli studiosi ne fanno risalire la costruzione intorno al XII secolo, periodo in cui la famiglia Caetani si impadronì della Tomba di Cecilia Metella e dei terreni circostanti di cui questo faceva parte. Si pensa che fu costruita dapprima come torre di avvistamento e difesa per poi diventare, vista la posizione nelle vicinanze del fiume, come Valca. La Valca era un luogo in cui venivano sistemati dei macchinari atti alla battitura dei panni, mossi dal passaggio dell’acqua, prima della loro lavorazione di questi ultimi.
Da questo punto, il nostro sguardo spazia per buona parte della valle e proprio diametralmente opposta al punto in cui ci troviamo, saremo senz’altro attratti da una costruzione a parallelepipedo, ci avviamo con uno dei tanti stradelli sterrati che segnano la valle non senza essere affascinati dalla natura incontaminata del luogo, anche in considerazione del fatto, che siamo ancora quasi al centro di Roma.
Questa cisterna è una delle tre presenti nella valle. Queste presenze sono indici dell’uso a fini agricoli che fin dai tempi antichi, si fece di questa valle. Potevano contenere una quantità notevole di acqua di raccolta e anche di acque provenienti da diramazioni brevi degli acquedotti.
Siamo qui su una delle due lunghe alture che delimitano la valle. Questo ci permette di vedere in distanza anche il mausoleo di Cecilia Metella che abbiamo incontrato nella nostra passeggiata sull’Appia Antica.
Riprendiamo lo stradello sterrato fino ad arrivare ad un muro di cinta. All’interno di questo, che purtroppo delimita una proprietà privata, vi è la chiesa dedicata a S. Urbano, vescovo e martire, risalente al VI secolo ma costruita su un tempio precedente del II secolo dedicato a Cerere e Faustina, moglie di Antonino Pio, imperatore del II secolo.
I resti sia della chiesa che del sottostante tempio sono visitabili con guida ed esclusivamente su appuntamento (?)
Davanti invece, lo sguardo è attratto da un boschetto isolato.
La leggenda racconta che proprio in questo boschetto, la Ninfa Egeria, la cui fonte è all’ingresso della valle, si intrattenesse in momenti intimi con il Re Numa Pompilio.
Nei pressi del boschetto, a conferma delle loro credenze fu costruito un ninfeo, il ninfeo di Egeria che risale al 160 d.C.
Riprendiamo la nostra passeggiata percorrendo uno dei tanti stradelli della valle costeggiati da siepi e alberi di alto fusto tipici della campagna romana
fino a raggiungere una piccola sorgente che nasce spontanea da terra. E’ solo una delle tante che si possono trovare lungo tutto il percorso.
Questa come le altre, va ad alimentare la marrana di sinistra che confluisce nell’Almone.
A questo punto ci troveremo ad un bivio. Noi scegliamo il sentiero davanti a noi tralasciando a dopo quello che scende alla nostra destra. Questo ci porterà a visitare uno dei gioielli della valle il Cenotafio di Annia Regilla.
Importante perché risale al 160 d.C. ed è perfettamente conservato. Annia Regilla era una nobildonna romana, fatta uccidere dal marito Erode Attico e che, per nascondere il delitto, fece erigere qui questo cenotafio in sua memoria. Passato il periodo imperiale e con il crollo dell’Impero Romano, fu usato per secoli come deposito per il fieno e come collettore di un acquedotto per il vicino mulino ora non più esistente. Fu chiamato anche tempio del Dio Rediculo, poiché qui si pensava che risiedesse il dio dei viandanti che tornavano a Roma (I rediculi).
La costruzione è importante perché segna una cesura nella costruzione delle tombe e dei cenotafi facendoli divenire delle vere e proprie costruzioni a più piani ammirate anche da architetti dei secoli successivi che le studiarono a fondo.
Questo luogo è aperto solo nelle giornate di sabato e domenica ed è anche molto indicato per una prima sosta. Qui infatti possiamo trovare panche e tavoli di legno oltre a varie bacheche che spiegano la vita della fauna locale, dei suoi insetti e della sua flora.
Torniamo sui nostri passi per continuare il percorso non senza essere
incantati dalla campagna che ci circonda.
Arrivati al bivio lasciato in precedenza, scendiamo il dolce pendio verso il fiume Almone e incontriamo innanzitutto un orto che nella tradizione del luogo, è stato creato per fare da guida ed insegnamento alla coltivazione.
Attiguo a questo c’è lo stazzo del pastore che ricostruisce il luogo ove i pastori, la sera, dopo il rientro dai pascoli circostanti, tenevano chiuse le greggi.
Siamo qui sul fondo della valle e lo sguardo è libero di allargarsi nella campagna rigogliosa e quasi intatta.
Perdonerete il numero di foto della campagna ma trovarla qui, praticamente al centro di Roma per me resta un miracolo.
E’ da qui si vede finalmente, al di là del fiume Almone, il casale più importante della valle e simbolo di quella simbiosi fra uomo e ambiente che qui ha trovato in passato e sembra trovare ancora, il suo esempio migliore.
Passiamo quindi sul piccolo ponte che scavaca sul fiume e dopo aver dato un’occhiata a questo piccolo ma perenne affluente del Tevere,
ci troviamo al cospetto di questo magnifico casale, il Casale della Vaccareccia. Questo splendida costruzione rinascimentale, risale al 1500
e fu costruito dai Caffarelli quando bonificarono tutta la valle inglobando anche una precedente torre risalente al XIII secolo
Davanti è ancora presente l’antico abbeveratoio per gli animali e un’ampia aia ove venivano svolte tutte le operazioni agricole allora necessarie per l’attività agricolo-pastorale
Lasciamo non senza un senso di ammirazione questo splendido casale e seguiamo il piccolo sentiero che lo costeggia. Questo ci porterà in breve in vista di un’altra una cisterna. Questa cisterna in particolare, viene chiamata comunemente: “cisterna fienile” perché dismessa la sua antica funzione, fu usata nei secoli successivi come luogo ove riporre il fieno per gli armenti.
Il piccolo stradello continua alle sue spalle e dopo essere passati in vista del Casale Tarani, un edificio del 1600 di uso agricolo,
Arriveremo in vista prima di un parco attrezzato ove è possibile trovare panchine e giochi per i bambini più piccoli,
poi un punto di ristoro dove è possibile dissetarsi, mangiare un panino ed eventualmente anche affittare una bicicletta.
Dopo un caffè o un panino, continuiamo questa affascinante passeggiata nel passato scoprendo un’altra delle cisterne presenti nella valle, stavolta è la cisterna detta ninfeo per gli archi di cui è dotata risalente al III secolo d.C.
Siamo giunti quasi alla fine della passeggiata e potremmo addirittura uscire dalla vicina uscita Latina ripiombando nel caos cittadino ma a guardare bene, possiamo invece tornare per un breve tratto sui nostri passi per completare la visita all’intera valle. Costeggiamo la marrana
e il nostro sguardo si allarga ancora una volta nella valle
Percorriamo il sentiero maggiore che ci porterà dopo un breve tragitto in vista di un antico pioppeto che l’Ente Parco ha provveduto a recintare per meglio conservarlo.
Alle sue spalle eccoci in vista di un piccolo laghetto che, incredibilmente, è divenuto anche un punto di osservazione per ornitologi e che è stato scelto da alcune specie come area di sosta e nidificazione.
Ora abbiamo davvero completato una passeggiata molto particolare che, pur svolgendosi praticamente nei pressi di due quartieri caotici e trafficatissimi, ci ha fatto isolare da tutto questo per portarci per mano nelle dolci campagne romane.
Un ultimo sguardo alla valle
Ed eccoci all’ uscita più lontana da quella da cui siamo entrati
che termina in via della Caffarella sull’Appia Antica
Inserisco infine, la pianta della Valle con i punti di interesse maggiori e che abbiamo visitato insieme, con la speranza possa essere utile